Roberta Filippelli: in focus

The indisputable formula to indicate the doses of essential ingredients in the kitchen is only one: just enough. This term declares the knowledge and profound awareness of the secrets of culinary art. The acronym to taste, which has always appeared in the recipes, it seemed to me the magic key of access to forward, behind the goal of Roberta Filippelli, in that unconquerable safe that is the kitchen of Cristiano Andreini, soul in turmoil of an inexhaustible repertoire of flavors. On tiptoe, hoping not to be noticed and so as not to hinder the feverish work of the cooks, Roberta Filippelli has been circumvented in the unknown territory of steel and vapours, smells and orders and has collected an intense and suggestive "reportage". His work must be seen as a long story, seemingly objective and lucid, in reality enchanted by the sfrigolii, boiling, ticking that cut, flavor, and fly in a continuous occurrence that makes the stage situation unstable and precarious. In a kitchen everything happens and nothing is as it seems. Especially in a place of experimentation like that of Andreini. In this temple where there is a precise memorandum of understanding with all the staff, where everything is calculated in the times and in the beats, in the rhythms and in the plots, the rituals have a fundamental role but the alterity, the transgressions and the dare are the salt that condenses the Classic dish. And for this reason Roberta Filippelli has returned many times in the kitchen of pots and fires, to understand the process, the ITER that transforms an idea into the "beauty of the dish", according to the well-known definition of Gualtiero Marchesi. It is therefore undefeated in silences and concentrations, in minds that think and hands working in operative sequences where the result is never discounted; If anything, the challenge is the ambition to reconcile the memory of flavors with the unsurprising taste, alarm of the mind and palate where you can create a short circuit and offer surprise, Wonder, jolting of pleasure. The infinite shots (to choose the right one, what can say the moment and the truth of the scene) fill everything: every corner and everything appears revealed, exposed in the nudity of objects and foods, and nothing ever appears identical to other objects and other Foods. The video documenting the encounter between the indiscret look of photography and the nervous bustle of a workshop in boiling, revealed by the taking of noises and voices of a good filmmaker like Laura Piras, creates the illusion of bringing us with hand In the intimacy of a stripped private, voyeristically offered to untimely curiosity. Thus, in the immaculate order of dishes and crockery, in stainless steel reflecting the mobile reality, the gaze tries not to miss the metamorphosis of things, the density of unwritten rules and creativity floating in the air. Between oils that run off and pans consumed by constantly lit fires, Roberta Filippelli wanted to make the unsweetly evidence of a place of knowledge, mastery and sensitivity to taste and sight. And everything seems to have aesthetic properties, just where nothing is born as such. But in the construction of the image, in the layout of lights and volumes, of details and assemblages, even the kitchen can become a space of the imagination in the service of the senses. Enough to turn it into a poetic place.

in focus curated by Mariolina Cosseddu
24.11.2012 exhibition in one day gallery blublauerspazioarte via Morandi, 4 - Alghero

La formula indiscutibile per indicare le dosi degli ingredienti essenziali nella cucina è una sola: quanto basta. Questa locuzione dichiara la conoscenza e la consapevolezza profonda dei segreti dell’arte culinaria. L’acronimo Q.B., che da sempre compare nelle ricette, mi è sembrata la magica chiave di accesso per inoltrarci, dietro l’obiettivo di Roberta Filippelli, in quella cassaforte inespugnabile che è la cucina di Cristiano Andreini, anima in fermento di un inesauribile repertorio di sapori. In punta di piedi, sperando di non essere notata e in modo da non intralciare il lavoro febbrile dei cuochi, Roberta Filippelli si è aggirata nel territorio sconosciuto di acciaio e vapori, odori e comande e ne ha raccolto un “reportage” intenso e suggestivo. Il suo lavoro va visto come un lungo racconto, apparentemente oggettivo e lucido, in realtà incantato da sfrigolii, bollori, ticchettii che tagliano, insaporano, volteggiano in un continuo accadimento che rende instabile e precaria la situazione scenica. In una cucina avviene di tutto e niente è come sembra. Soprattutto in un luogo di sperimentazione come quella degli Andreini. In questo tempio dove vige un preciso protocollo di intesa con tutto il personale, dove ogni cosa è calcolata nei tempi e nelle battute, nei ritmi e negli intrecci, i rituali hanno un ruolo fondamentale ma le alterità, le trasgressioni e gli azzardi sono il sale che condisce la classica pietanza. E per questo Roberta Filippelli è tornata tante volte nella cucina di pentole e fuochi accesi, per capire il processo, l’iter che trasforma un’idea nella “bellezza del piatto”, secondo la nota definizione di Gualtiero Marchesi. Si è perciò imbattuta in silenzi e concentrazioni, in menti che pensano e mani che lavorano in sequenze operative dove il risultato non è mai scontato; semmai la sfida è l’ambizione di conciliare la memoria dei sapori con il gusto spiazzante, allarme della mente e del palato dove si può creare un corto circuito e offrire sorpresa, meraviglia, sobbalzi di piacere. Gli scatti infiniti (per scegliere quello giusto, quello che può dire il momento e la verità della scena) colgono tutto: ogni angolo e ogni cosa appare rivelata, messa in luce nella nudità degli oggetti e dei cibi, e niente appare mai identico agli altri oggetti e agli altri cibi. Il video che documenta l’ incontro tra l’indiscreto sguardo della fotografia e il nervoso affaccendarsi di un’officina in ebollizione, rivelata dalla presa in diretta dei rumori e delle voci di una brava filmaker come Laura Piras, crea l’illusione di portarci con mano nell’intimità di un privato messo a nudo, voyeristicamente offerto alla curiosità inopportuna. Così, nell’ordine immacolato di piatti e stoviglie, nell’inox che rispecchia la realtà mobile, lo sguardo tenta di non lasciarsi sfuggire la metamorfosi delle cose, la densità di regole non scritte e creatività fluttuante nell’aria. Tra oli che colano e tegami consumati da fuochi perennemente accesi, Roberta Filippelli ha voluto rendere l’evidenza non edulcorata di un luogo di saperi, di maestria e di sensibilità al gusto e alla vista. E tutto sembra avere proprietà estetiche, proprio laddove niente nasce come tale. Ma nella costruzione dell’immagine, nell’impaginazione di luci e volumi, di dettagli e assemblaggi, anche la cucina può diventare uno spazio dell’immaginazione al servizio dei sensi. Quanto basta per trasformarlo in un luogo poetico.

a fuoco a cura di Mariolina Cosseddu

24.11.2012 zip mostre lampo galleria blublauerspazioarte via Morandi, 4 - Alghero

a fuoco video

https://vimeo.com/58615493